mangiavo pietre

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Tutto il mobilio era di lucida ardesia e non c’erano
tende né interruttori, non c’era un orologio. C’erano muri
coperti di calce azzurrognola. Le travature del soffitto davano
sulla notte. Non ho mai visto così bene la notte, diceva una voce
nel letto di foglie, mi giravo e non trovavo nessuno. Il mattino
facevo colazione su un tavolo ricoperto di muschio vivo.
Leggevo la corteccia di betulla perché si trattava dell’ultimo
quotidiano rispettabile in circolazione. Tutti nel bosco
ne erano al corrente. I libri erano ovunque,
ovunque nel muschio
– le copertine avevano fatto tante bolle, e Brodskij
e Giovan Battista Marino e Bertolucci e Coleridge
erano ridotti a strisce di inchiostro violaceo – non
me ne importava granché. Alcuni di quei libri sembravano
messi un po’ meglio. Nascosti tra le loro pagine c’erano
dei bulbi di ciclamino, o patate viola di montagna o il bossolo
di un cannone della Grande Guerra o le pigne dorate del Natale
passato. In uno di questi libri dormiva una vecchia vipera e
non lo aprivo mai per paura di svegliarla. Mangiavo
pietre e bevevo aria di montagna, la mia colazione era
mangiare pietre e prendere grandi boccate di aria di montagna.
Le pietre erano vuote e il loro guscio non aveva un sapore
tanto buono. Avevano l’odore della terra dopo che ha piovuto,
della terra da cui nascono i funghi matti, della mirtillaia
in cui nascono i funghi matti. Mi lamentavo che non c’erano
più le pietre di una volta e mi aspettavo
che qualcuno dalla cucina mi facesse mh mh.
Ma dopo un po’ mi accorgevo che era l’abitudine
a parlare dentro di me e che nessuno avrebbe fatto mh mh.
Qualcuno se ne era andato via da quella casa e non
ci avrebbe fatto più ritorno. C’erano delle foto
alle pareti: l’umidità le aveva rese inguardabili come il viso
di un vecchio annegato. Certi fine settimana arrivava un amico
dalla città per dirmi che le cose si sarebbero sistemate. Questo
amico mi portava da bere, e io
lo mandavo via dopo due chiacchiere sul tempo dopo
averlo rassicurato dicendogli non ci sono problemi,
sto bene e lui mi rispondeva ok, sì, si vede che stai bene ma
il mese dopo tornava da me e qualche volta, se faceva
abbastanza caldo, salivamo fino alla cima della montagna
e da quel vertice ci potevamo sincerare del fatto
che l’umanità stesse proseguendo
la sua esistenza ignara di tutto quanto e di se stessa.

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