Olive bianche

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Se, quando sarò in ufficio, ti venisse fame
vai laggiù, alla macelleria marocchina.
Le tende di perline sono nascoste dagli aranci
e dalla pensilina della corriera;
fa’ attenzione a non andare oltre, lascia
che siano le risa, le corse dei bambini
intermittenti, a guidarti sino a lì. In quel posto,
ne sono sicuro, troverai quell’ospitalità
che cerchi da molto tempo – i proprietari
non rifiutano a nessuno tajin, versano, copioso,
un tè alla menta capace di mettere un vortice
di scale davanti ai tuoi occhi: il vapore sale
fino alla sūra dorata, supera il ritratto
di due mani aperte, si avvicina alla nera
travatura del soffitto, va su, dove
si disfanno le convergenze. Ti suggerisco
di prendere la carne, la cuociono con una
piastra di ferro, e poi la mettono in una
baguette. Potrai indicare tu stessa,
nel banco frigo, le cose da te preferite – non
mancano i rognoni, il fegato, le cosce
di tacchino, le spalle della capra. Ogni parte
dell’animale è già stata sminuzzata e attende
di essere arrostita. La carne aspetta sopra
la plastica viola e arancione, ci sono
peperoncini rossi e altri ancora, verdi. Olive
bianche, cumino fresco, prezzemolo, circondano
i piatti – è una fitta boscaglia cresciuta sulle sponde
di un lago salato. Il cervello di capra è grande
come il cuore di un uomo e, se tu lo dovessi scegliere,
mi raccomando, non eccedere con l’harissa, l’harissa
può coprirne il debole sapore di azoto; quello che
rimane nelle gengive, nei molari, fino
al giorno seguente.

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