la colpa non è degli zombie

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Questo pomeriggio facevamo il gioco dei litigi
e quando lei se ne è andata nell’altra stanza
sono rimasto sdraiato sul pavimento della camera
a guardare il soffitto per un po’. Di questi tempi
teniamo le finestre di casa chiuse, tirate le tende,
le tapparelle abbassate. L’avviso di giacenza
della raccomandata attende sulla mia scrivania,
sta sotto a un mucchio di altre carte. La colpa
non è degli zombie. Il comune sta sfrondando
gli alberi del circolo ufficiali prima che ci siano foglie verdi
da ogni parte a dare ombra e freschezza. Questo rumore
non si può sopportare perché va avanti ininterrotto.
Già il rumore delle macchine ferme al semaforo se ne sta sotto
come l’elettricità che scorre nelle pareti. In più, la polvere
del legno entra dentro casa attraversando fessure
invisibili e ingiallisce ogni cosa. Ho fissato così a lungo
quel soffitto che a un certo punto ho iniziato
a vederci impresse delle stelle. Mi girava la testa
e c’era sempre quel rumore. E in mezzo alle stelle
sono comparse delle navi spaziali, l’Enterprise del capitano
Kirk e altre ancora, poi dei flash rosa e verdi
hanno mischiato tutto quanto fino a quando
non ho chiuso gli occhi. Mi sono sentito senza peso.
Come se qualcuno avesse rimosso improvvisamente
il nucleo della terra. Il rumore era ancora più forte,
più insistente, senza che per un momento un po’ di silenzio
ci galleggiasse sopra come una zattera alla quale
potermi aggrappare. Ho stretto forte le palpebre e le ho riaperte
solo dopo pochi secondi, davanti a me c’era il solito soffitto
e nel centro la plafoniera azzurra.

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