per farmi evaporare

pag. 20  pag. 23


Ho incontrato una chiromante nel parcheggio
del supermercato, ci siamo visti dove c’è il deposito
dei carrelli della spesa. Tutti quanti devono dimenticarmi,
devono dimenticare il fatto che io sia mai esistito.
Le ho chiesto quanti soldi le sarebbero serviti per
farmi evaporare, per farmi dimenticare per sempre
ed essere libero. Mi ha risposto parlando
una lingua a me sconosciuta. Ho capito, lo stesso,
che non mi avrebbe mai aiutato. Non mi ha nemmeno
rivelato cosa mi attenda in futuro, se
conoscerò ricchezza o altre fortune, se avrò
mai una moglie, dei figli maschi o se morirò
come mio nonno materno, per un frutto cresciuto
nel petto. Sono tornato a casa e ho pensato
a quell’incontro per tutta la notte, il mattino seguente sono
partito. Il cielo era ancora grigio e l’alba non era
ancora scivolata fuori dal suo buco. Prima
di sentirmi meglio ho dovuto camminare
per quasi sei ore – è successo quando ho superato
l’ultimo pioppeto. Mi è caduto addosso senza
alcun preavviso – il mondo al di là del mondo,
era sempre stato qui, attiguo e noi, lo sapevamo
bene ma non volevamo crederci. Allora sono sceso
fino alla marcita, sono sceso fino alla marcita tagliando
in due un ciglione. Erano state bruciate
tutte le sterpaglie e qualcuno lo aveva ridotto
a una massa capace di asciugare l’intera luce
del giorno per nasconderla da qualche altra parte.
C’era un’acqua torbida alla fine del ciglione.
Le mie mani sono sparite non appena le ho immerse.
Era fredda, quell’acqua, e il freddo è salito
per la spina dorsale ed è arrivato, in un attimo,
ad annodarmi tutte le ossa, è stato allora che ho sentito
il procedere di ogni cosa immobile, il suo
espandersi e l’improvviso ritrarsi.

pag. 20  pag. 23

Back To Top