eredità

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EREDITÀ
Mi puoi trovare nel giardino davanti alla scuola,
se suonando alla porta verde di casa mia
scoprirai che nessuno verrà ad aprirti. Sarò qui
con un giornale tra le mani. Darò – non temere –
un congruo spazio all’imbarazzo di averti fatto
raggiungere questo luogo – dove una schiena
d’asfalto si fa carico dell’ombra del bastione.
Ti chiederò se hai cambiato lavoro e come stia
la tua ragazza (tua moglie ormai?), quale sia
oggi, il colore dei suoi occhi; la luce del Nord
America ha riposto il turchese in una scatola d’argento?
E se ritornasse qui, mi chiedo, che accadrebbe alle
sue iridi, conoscerebbero l’improvvisa eterocromia?
Sarai – se ho capito bene al telefono – mio ospite
per quattro o per cinque giorni, potremmo dunque
pescare le anguille lungo il fiume denso e torbido
come prima che tu te ne andassi via.
Un mattino di questi vorrò parlarti di un manto di febbre
che, poco prima dell’alba, discende su questa città
irrequieta. Sarai indulgente, come lo sei sempre stato.
Amico mio, accoglierai il mio segreto come qualcosa
che si sia atteso per lungo tempo, ti dirò che sta nella morte
delle cellule, la nascita dell’acqua, e non nel cielo.
Poi parleremo, di quando eravamo ragazzi,
del ricordo delle lotte sulla spiaggia e tra i massi.
La sera, le lingue del nostro fuoco di fortuna
salivano su, fino a lambire il rumore del cosmo.
Le rocce si chiudevano nelle spalle, attorno a noi,
come cheyenne delle grandi pianure, nel frattempo
bevevamo, senza rimorso, la vodka rubata ai nostri padri,
era il nostro modo di sentirci adulti, come se quello
fosse il rimedio – per vivere questa vita. Credo
che il faro sia ancora là, è qualcosa di indiscutibile,
altri giovani conteranno a ritroso i secondi
che li separano da un lampo. Come abbiamo
fatto noi assieme, come abbiamo fatto tutti.
Ora, sulla sabbia qualcuno starà facendo la lotta
ed è per questo motivo che a centinaia di chilometri di distanza
ne stiamo sentendo l’odore e la scossa. La lotta è sempre lì,
e noi così siamo lì e qui allo stesso tempo. Andrà avanti
in questo modo ancora per un bel pezzo –
quando noi non ci saremo più qualcuno andrà comunque
con la faccia nella sabbia e il sangue gli si muoverà lungo
la schiena e nel petto facendogli sentire il marchio della vita,
– gli sconfitti, in questo tempo, in ogni tempo, sono
quelli che trionfano. I lampi del faro possono
segnare le piste tra gli alberi, le linee della costa – elusive,
tra il regno dell’acqua e quello del ferro, possono rendere
distinguibile l’orizzonte, ora una striscia di zinco pulsante.
Il faro, le figure della nostra giovinezza, non ci appartengono
e non ci apparterranno; loro perdurano, perdureranno.

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